L’Arte del Cinema

Come è noto, il cinema è un’arte. In quanto considerato tale, oggigiorno gode di tutti i diritti cui godono le forme artistiche in termini di libertà di parola, opinioni e via discorrendo. Ma è sempre stato così? Per scoprirlo dovremmo fare un passo indietro per giungere agli albori del cinema e in particolare di quello americano, proprio in quella terra che è considerata la patria della libertà. Negli Stati Uniti, infatti, mai il cinema ha avuto vita facile, dai suoi albori, passando per il Maccartismo, attraverso i vari scandali che nella storia l’hanno portato ad essere quell’espressione artistica cui oggi lo consideriamo. Quello che viene considerato la settima arte in Europa, al contrario, ebbe un processo ben diverso rispetto a come andarono le cose oltre oceano, infatti fu subito visto come un’opportunità per le avanguardie, come i futuristi o i surrealisti che lo utilizzarono per sperimentare ed espandere il loro dominio sulle arti. Il cinema, poi, in Europa, pensava a perseguire la falsa riga della letteratura, promuovendo moltissime trasposizioni di classici, da Dante a Boccaccio e dando vita al Neorealismo, al cinema d’autore, a quei movimenti che caratterizzano un cinema intellettuale e non di divertimento.

Negli Stati Uniti, al contrario di quanto avviene in Europa, il cinema nasce nei Vaudeville, in quegli ambienti destinati al tempo libero in cui si potevano trovare concerti jazz, spettacoli di burlesque, recite licenziose. Insomma i primi esperimenti del muto, in America, erano proiettati in ambienti in cui la clientela poco era incline a uno sforzo di tipo intellettuale. Ed è anche per questo che ad alimentare il pregiudizio che il cinema americano fosse prerogativa di attività ludiche venne in soccorso la mentalità vittoriana. Questo tipo di filosofia, nell’ambito artistico, portava a denigrare questo tipo di espressione artistica perché considerata non come tale, o, comunque subalterno alla letteratura principalmente per il fatto che il cinema era considerato un oggetto che coinvolgeva solo i sensi (la vista, le risate), mentre la letteratura era uno sforzo di mente: il libro andava letto, capito e interiorizzato. I vittoriani negli Stati Uniti si legavano a determinati ambienti puritani, per i quali alcuni atteggiamenti che nei film si potevano vedere non potevano essere che scabrosi e non adatti al loro status sociale.

Le cose iniziarono a cambiare nel corso del tempo, quando con David Griffith il cinema muto iniziò ad avere una continuità narrativa. La sua narrazione, infatti, cercava di enfatizzare i valori vittoriani, di quella società, cui lui stesso apparteneva, che vedeva l’uomo bianco come risolutore di colpi bassi sferrati da sgherri afroamericani o comunque immigrati dall’Europa, o di come le donne di casa potessero essere in pericolo senza la presenza dell’”uomo di casa”. Questo tipo di cinema (e si badi, non solo per i contenuti, ma soprattutto per la narratività) contribuì a far muovere intorno ai film, quindi ai suoi prodotti, un tipo di pubblico diverso e più ampio. Il cinema, soprattutto dalla nascita di Hollywood, vera e propria industria, inizia a ragionare in termini aziendali e di business, cercando di allargare il più possibile il suo pubblico e l’unico modo per farlo era accattivarsi i favori della società della middle class, rappresentata in epoca post-bellica proprio da quella società borghese e vittoriana. Possiamo quindi dire che il cinema, dagli anni ’20 inizia ad avere un luogo preciso per le sue esecuzioni, non più i postriboli newyorkesi, ma dei veri e propri luoghi atti a ciò: il Nickelodeon, così chiamati per il prezzo del biglietto. In questi luoghi le culture si mescolavano e, pur esistendo una divisione classista dei posti a sedere, quasi tutti potevano assistere agli spettacoli. Quasi tutti, perché agli afroamericani questa cosa era preclusa. La cultura nera americana aveva i suoi luoghi e un suo cinema che era apprezzato anche da spettatori bianchi.

Da sinistra a destra: David Griffith, Preston Sturges, Orson Welles e Woody Allen

Ma anche questa divisione ebbe vita breve: il cinema degli anni ’30, quello di Preston Sturges, con la sua irriverenza e con la sua ironia manda messaggi chiari ed espliciti sull’universalità del cinema (nonostante il suo fosse un cinema che pienamente soddisfaceva i requisiti hollywoodiani e quindi creando di fatto una classificazione del cinema in seno allo stesso movimento artistico). La cultura americana, la filosofia americana, non promuove un tipo di intelligenza intellettuale, teorica e settoriale, ma per loro mentalità cercano un’intelligenza che chiamano smart, ossia un’intelligenza pratica e attiva: per questo motivo il cinema d’autore stenterà ad avere successo tra gli americani; e se si considera Hollywood la più grande azienda cinematografica americana, un prodotto che non desta interesse di massa difficilmente viene promosso. L’arte in questo tipo di cinema, si concentra dunque sulle tecniche di realizzazione, sulle inquadrature, le immagini e non troppo sui contenuti, proprio in linea con quanto espresso prima riguardo al tipo d’intelligenza apprezzata dalla cultura americana. Ma anche questo sta per cambiare.

Con l’avvento del cinema sonoro tutto cambia: se i fratelli Marx facevano satira contro le istituzioni e sull’intelligenza universitaria, Charlie Chaplin cerca di far riflettere, Orson Welles tramite la sua voce e la sua cultura cerca di trasmettere contenuti più intellettuali. La sua carriera ad Hollywood sarà altalenante anche a causa dell’accusa di filo-comunismo mossa ai suoi danni dalla politica maccartista, ma i suoi prodotti spesso erano considerati di difficile interpretazione e sarà per questo che finirà la sua carriera, tranne qualche breve apparizione a Hollywood, in Europa. Questa tendenza alla denigrazione dell’eccessiva intellettualizzazione del cinema si manifesta anche oggi con i prodotti cinematografici americani: riflettendone brevemente a riguardo, si può considerare Woody Allen come esponente di un certo tipo di cinema d’autore in America e non è un caso che il suo successo sia più consolidato in Europa, rispetto agli Stati Uniti.

Solo attraverso tutti questi passaggi il cinema è diventato una forma d’arte, un’arte che è sia sensibile che intellettuale e non conta quale sia la concezione d’arte di una determinata cultura; la sua rotondità, la plasticità e il fatto che la settima arte si nutra delle altre arti, lo rendono uno dei movimenti artistici più completi e sicuramente il più frequentato ai nostri giorni.