I discorsi della Iron Lady e il vanto di essere donna

«Qualsiasi donna che conosce i problemi di gestione di una casa sarà più vicina alla comprensione dei problemi di gestione di un paese». Margaret Thatcher pronunciò queste parole durante la sua campagna elettorale nel lontano 1979. La consideravano la donna di ferro per via del suo polso fermo e per la decisione con cui ha portato avanti le riforme politiche che credeva necessarie per il suo Paese. Questa frase è un po’ emblematica di quello che era il ruolo socialmente attribuito alla donna (la gestione della casa). In molti dei suoi discorsi, le caratteristiche della donna di casa vengono richiamate come punto di forza e non come simbolo dell’inferiorità sociale a cui era relegata la donna. In quelle parole la Thatcher voleva dire che imparare a gestire il funzionamento di una casa, permette di sviluppare delle capacità utili anche in altri campi: sono le stesse capacità necessarie ad un leader politico per governare e gestire un Paese.

Sono molte le frasi che permettono di capire il suo carattere, la sua grinta e l’approccio che aveva nell’argomentare le sue scelte. Numerosi sono i riferimenti al suo essere donna. Ma ripercorriamo un po’ la storia di questo personaggio e del perché può essere considerata una femminista.

La Thatcher a 9 anni, quando viene chiamata sul palco della scuola elementare per ricevere un premio, pronunciò queste parole: «Non sono stata fortunata. Me lo meritavo». La piccola Margaret cresce e si laurea prima in chimica, poi in giurisprudenza, diventando così avvocato fiscalista. Già durante il suo percorso universitario a Oxford, aveva cominciato ad avvicinarsi alla politica, diventando presidente dell’associazione studentesca conservatrice di Oxford, la OUCA.

Con i primi incarichi politici, si rende chiaramente conto di quello che è il ruolo della donna in politica. Così parlava nel 1973 alla BBC, in veste di Segretario per l’istruzione, durante una trasmissione televisiva: «Non penso che una donna riuscirà a diventare primo ministro durante la mia vita». Sei anni dopo divenne Primo Ministro. Nonostante sia diventata la prima donna inglese a ricoprire tale carica, al momento della sua morte, molti, tra cui tante donne, festeggiarono. Nonostante i richiami che più volte faceva nei suoi discorsi, al suo essere donna, all’estetica, alla cura tipicamente femminile, la critica che le venne sempre fatta, era quella di essersi comportata da uomo, dura e priva di sensibilità femminile.

Secondo alcuni è stata una donna di potere, che però non ha mai voluto porsi come modello per le donne, soprattutto in politica. Le si contesta di non aver creato un seguito femminile, di non aver avvantaggiato altre parlamentari, né di aver formato all’interno del partito conservatore un gruppo coeso di donne impegnate nella cosa pubblica. In realtà, qualsiasi cosa si dica della Thatcher, anche se lei stessa si è sempre dichiarata contraria al Femminismo, è stata di fatto un modello che tanto ha dato alla causa dell’emancipazione di genere, più che ogni altro manifesto o manifestazione dell’epoca. L’incarico che ricopriva, pur oggetto di critiche, la permetteva di avere una visibilità che non poteva essere trascurata né a livello nazionale né a livello internazionale, che i movimenti femministi non avrebbero potuto eguagliare.

Margaret Thatcher e Diana Spencer

All’epoca veniva messa a confronto con Lady Diana, vista come la donna che tutte volevano essere: la principessa con il matrimonio da favola, sensibile con i più sfortunati, coinvolta in romantici pettegolezzi. Per i Tabloid, se Lady Diana aveva un grande cuore, all’opposto Margareth non lo aveva proprio. Il messaggio che arrivava alle giovani era che la Thatcher non era femminile, era aggressiva e non era una buona madre, dal momento che non poteva occuparsi dei figli per via del suo lavoro. Le giovani non dovevano essere come lei. Ed è proprio per questo che possiamo considerarla femminista: la sua è stata una rottura con la tradizionale immagine della donna. Che piacesse o meno, che si dicesse femminista o meno. Il semplice fatto che lei fosse lì, avesse fatto quel percorso, fosse impegnata, era di fatto espressione che qualcosa stava cambiando, che una donna poteva fare anche altro, oltre all’essere madre.

La sua figura fu comunque un esempio dello spazio che le donne potevano guadagnarsi, non solo a livello nazionale, ma anche internazionale. Quando nel 1979, appena essere divenuta Primo Ministro, la Thatcher si recò in Giappone per un summit economico, a fronte della proposta del governo giapponese di affiancargli una security al femminile, lei rifiutò, chiedendo lo stesso trattamento riservato agli uomini.

Nei suoi discorsi più famosi, il suo essere donna è quello che le dà la marcia in più rispetto agli altri politici. In occasione di un’intervista per il Times, un giornalista ha chiesto alla Thatcher del personaggio politico che si era creato attorno a lei. L’Europa degli anni 70, ancora profondamente maschilista, aveva bisogno di una figura del genere. «Essere potenti è come essere una signora. Se hai bisogno di dimostrarlo vuol dire che non lo sei». Anche in questa frase, l’essere donna è portato avanti come cavallo di battaglia. Una signora non ha bisogno di dimostrazioni. Margaret, d’altronde, è sempre stata molto attenta nell’abbigliamento e ha sempre curato il suo lato femminile anche nell’estetica.

In uno dei suoi discorsi più famosi la Thatcher diceva: «Ho la capacità di una donna di attenersi a un lavoro e portarlo avanti quando tutti gli altri si allontanano e lo lasciano». Come emerge nella biografia del padre, all’epoca il partito conservatore non avrebbe mai potuto pensare di avere alla guida una donna: la vittoria della Thatcher non era altro che un caso fortunato non certo destinato a durare. Nonostante le profonde critiche mosse dal movimento progressista femminile dell’epoca, la leadership della Thatcher fu il miglior tributo alle donne di quell’epoca.

«La battaglia per i diritti delle donne è stata ampiamente vinta. Non devo nulla al movimento femminista». Così parlava nel 1982 durante un’intervista. Purtroppo su questo la dobbiamo correggere. Di strada ce n’è ancora da fare.

di Elena Lucia Zumerle